Metropolitan Opera esaurita per lo spettacolo "storico" di Sonja Frisell che propone un Egitto archeologico corrispondente all'immaginario colletivo.
New York, Metropolitan Opera, “Aida” di Giuseppe Verdi
AIDA ARCHEOLOGICA
Nella presente stagione della Metropolitan Opera due spettacoli, tra quelli di repertorio, sono celebri riprese: la Bohème di Zeffirelli e l'Aida di Sonja Frisell, più volte collaboratrice di Zeffirelli anche nel riallestimento di spettacoli del regista toscano. La sua Aida è monumentale e archeologica, in quanto le scene di Gianni Quaranta sono immense e riprendono quel gusto archeologico che racconta un Egitto come possibile vederlo nel vicino Metropolitan Museum, un Egitto di colori sabbiosi e di templi coperti di geroglifici. L'effetto hollywodiano è completato dai costumi di Dada Saligeri, fiammanti nei colori e preziosi nei materiali. Le luci di Gil Wechsler bene sottolineano i momenti intimi interni ma anche quelli esterni, sia diurni per il trionfo che notturni per il terzo atto. Non particolarmente avvincenti le coreografie di Alexei Ratmansky. La regia della Frisell, ripresa da Stephen Pickover, segue fedelmente il libretto ed è abile nel muovere le masse e nel contrapporre a queste i singoli. I protagonisti si limitano a gesti e movimenti manierati ma è quello che ci si aspetta da un allestimento che punta all'effetto grandeur e non all'approfondimento psicologico.
Marco Armiliato è particolarmente a suo agio nella partitura, i suoni sono importanti nelle scene corali e intimi in quelli in cui Aida si mostra opera raccolta e di interni. L'orchestra lo segue con grande feeling e il risultato è un giusto amalgama tra buca e palco.
Latonia Moore è un'Aida dalla voce importante che rivela però qualche difficoltà in acuto, soprattutto nell'intensa Patria Mia dove la voce, salendo in alto, si assottiglia, ma ciò non ne compromettono il successo presso il pubblico. Temperamentosa l'Amneris dell'esperta Ekaterina Gubanova. Marco Berti frequenta da anni il ruolo di Radames e, anche in questo caso, in modo generoso. Mark Delavan è un'Amonarso rude e barbarico che cerca pochi accenti. Dmitry Belosselsiy è un Ramfis attento e partecipe. Soloman Howard ha la voce profonda e autorevole che si addice al Re e un portamento assai elegante. A completare degnamente il cast il Messaggero di Eduardo Valdes e la Sacerdotessa di Jennifer Check, diplomata in un progetto per giovani artisti. Il coro è stato preparato in modo egregio da Donald Palumbo.
Teatro gremito, vivo successo di pubblico.